Ci sono luoghi in cui l’aria si fa sottile, la fatica diventa un compagno costante e ogni passo richiede una decisione consapevole. È in questi scenari estremi che il confine tra uomo e montagna si assottiglia, e l’unico modo per avanzare è ascoltare il proprio corpo, rispettare la natura e accettare che ogni metro guadagnato è frutto di strategia, forza mentale e resistenza fisica.
Questo è stato il teatro dell’ultima impresa di Giovanni Mattiello, che insieme ad Andreas, suo compagno d’avventura, ha affrontato un viaggio al limite tra Cile e Argentina, con l’obiettivo di scalare e scendere in bicicletta dal Cerro Mercedario (6.720 m), un’impresa mai tentata prima.
Partiti da Santiago del Cile, Giovanni e Andreas hanno affrontato il Passo Los Libertadores per acclimatarsi prima di attraversare l’Argentina. Dopo una sosta a Barreal, hanno iniziato la vera spedizione con due giorni di fuoristrada fino a Laguna Blanca (3.000 m), base per l’ascensione al Cerro Mercedario.
Avanzando campo dopo campo tra condizioni sempre più estreme, hanno superato il campo base a 4.300 metri, affrontando poi le difficili tappe tra Pircas dos Indios (5.200 m) e Lo Jada (5.700 m). Il maltempo ha reso la salita ancora più dura, costringendoli ad anticipare l’attacco alla vetta.
Nella notte prima della salita finale, tra vento e neve incessanti, il riposo era impossibile. Ma quando, a mezzanotte, la luna ha illuminato il ghiaccio, Giovanni ha capito che era il momento di partire.
Scendere non è stato semplice. Con zaini da 25 kg sulle spalle, Giovanni e Andreas hanno attraversato ghiacciai e pietraie fino al campo base, dove i muli hanno recuperato l’attrezzatura. Da lì, l’ultimo tratto verso la civiltà è stato una corsa adrenalinica tra discese infinite e panorami che solo l’altitudine più estrema può offrire.
Ma qualcosa è rimasto su quella montagna. La Crossfire Trail, bianca all’inizio, ha raccolto la polvere delle strade, le firme di chi ha incrociato il viaggio, le tracce di un’avventura che non si cancella.
Questa non è stata solo un’impresa sportiva, ma una lezione di adattamento, strategia e rispetto per la montagna. In alta quota, l’errore più grande è la fretta: ogni passo deve essere pensato, ogni decisione pesa, ogni respiro conta.
La sfida più grande? Farsi piccoli di fronte all’immensità delle Ande e continuare a muoversi, un metro alla volta.